Ecco la novità dell’anno per quanto riguarda la DC Comics. Dopo Flashpoint, la casa di Batman e Superman ha deciso di darsi una bella rinnovata, con ben 52 serie “nuove di zecca”. Tutto per accaparrarsi nuovi lettori spaventati da numerazioni ormai a tre cifre.
Ma è davvero reboot? Tutto è stato azzerato per ripartire da zero? Non proprio. Anzi, quasi per nulla. Premettendo che non seguo – ovviamente – tutte le 52 serie, comincerò quindi ad analizzare brevemente alcuni dei numeri uno delle 24 testate seguite dal sottoscritto.
Action Comics (Morrison, Morales) – Grant Morrison su Superman? Aspettative a mille, almeno per me. E qui il reboot c’è davvero. Abbiamo Clark, Lois, Luthor, il Daily Planet, tutta l’iconografia dell’Azzurrone, ma pesantemente rivisitata. Abbiamo un Superman diverso, non solo esteticamente, ma soprattutto dal punto di vista caratteriale: in questa prima uscita, Superman appare più giovane, inesperto, spaccone ma anche – all’apparenza – più debole (sanguina addirittura), meno potente e braccato dall’esercito. Con queste premesse, uno svolgimento veloce e divertente di un Morrison molto più vicino allo stile del suo “Batman & Robin” e una conclusione di numero che lascia aperte molte strade, l’interesse per questa serie è a dir poco altissimo.
Animal Man (Lemire, Foreman) – Qui più di reboot si potrebbe parlare di un novo starting point. Non viene buttato via nulla del personaggio, ma il tutto è presentato in maniera chiara e comprensibile da qualsiasi lettore. E la serie merita parecchio, a partire dal lato grafico fatto di un bello stile di disegno e storytelling cristallino. Dialoghi e personaggi sono ben caratterizzati, la storia risulta subito molto varia e ben articolata, alternando scene familiari, supereroistiche e vere e parti davvero inquietanti e disturbanti, con sfumature horror nello spiazzante – già dal primo numero – finale. Insomma, una serie da tenere d’occhio.
Aquaman (Johns, Reis) – Team creativo di primo piano per questo personaggio spesso bistrattato ma dalle grandi possibilità. Anche qui abbiamo un nuovo starting point, dato che gli eventi seguono quelli di Brightest Day, in cui Arthur Curry rinuncia al suo trono di re di Atlantide. Questa nuova dimensione di outsider sia dal mondo terrestre che quello marino è il punto centrale di questa nuova serie, il cui primo numero appare ben realizzato ma anche un po’ lento, nonostante certi scambi di battute autoironiche davvero divertenti. Come numero 1 non è male e l’accoppiata Johns/Reis è in grado di dare alla luce grandissime storie.
Batman: The Dark Knight (Finch, Jenkins, Friend) – Una delle numerose, a mio parere troppe, serie riservate a Bruce Wayne e compagnia. Cominciamo subito con il dire che, a differenza di Superman, qui non c’è reboot, né stravolgimento. Batman è sempre Batman, identico a come l’avevamo trovato prima di Flashpoint. I fan dell’Uomo Pipistrello più integralisti non hanno di che piangere, insomma. Detto ciò, questo primo numero non convince per nulla. Finch ai disegni può essere pure adatto alla serie, anche se il suo tratto è sempre un po’ pesante e le sue esagerate muscolature, ma i suoi testi in coppia con Jenkins sono il vero punto debole. In questo primo numero, di fatto, non accade nulla, fatta eccezione per il finale che fa inarcare però ben più di un sopracciglio. Si vedrà con il proseguire della serie, ma io spero in un cambio di team creativo.
Batman and Robin (Tomasi, Gleason) – Ovviamente niente reboot anche qui, con Damian nei panni di un Robin anche qui “testa calda” e spericolato. Il numero uno, pur non lasciando una grande impressione, risulta scorrevole e divertente. Molta azione, ma spero che nei prossimi numeri venga approfondito, magari non in modo stereotipato, il rapporto tra padre e figlio. Solo scazzottate a lungo andare potrebbero stancare.
Batman (Snyder, Capullo) – Inizio subito dicendo che Capullo lo trovo adattissimo a una serie come Batman. Insomma, il team creativo fa sperare bene. E il primo numero lascia intravedere una serie più investigativa e meno d’azione rispetto alle altre dedicate al Pipistrello, e proprio per questo più interessante. Ottimi disegni, ottimi colori, buoni testi, per quello che è un classico numero introduttivo, in cui succede poco ma vengono gettati tanti “sassolini” che creano attesa verso le uscite successive. Quello che deve fare un buon “numero uno”, insomma.
Batman: Detective Comics (Daniel, Winn) – Avrete capito, immagino, che Batman non è di quei personaggi che ha subito un reboot drastico. Anche in questo primo numero, quindi, ci si trova subito in situazioni familiari: Daniel ci regala un inizio di story arc “a base di Joker” ben scritto e disegnato, con numerose scene truculente e tanta azione, con un finale che lascia sperare in un buon proseguimento. Fatto di tanto sangue. Insieme a Batman di Snyder, la serie dedicata al Cavaliere Oscuro che sembra avere le migliori prospettive.
Frankenstein: Agent of S.H.A.D.E. (Lemire, Ponticelli) – Un vero fulmine a ciel sereno questa serie, almeno per me. Non avendo mai letto nulla del personaggio, mi sono lasciato affascinare dal particolare stile del disegnatore italiano e ho deciso di provare la lettura di questo “numero uno”. E ho fatto benissimo: Frankenstein è una delle prime uscite più interessanti, con dialoghi divertenti che in più occasioni mi han ricordato Nextwave e caratterizzazione dei personaggi da applausi, disegni dai colori acidi, dettagliati ma leggeri al tempo stesso, azione quanto basta e moltissimi spunti interessanti. Una serie “freak”, così come il personaggio protagonista. Assolutamente da seguire.
Green Arrow (Krul, Jurgens, Pérez) – A giudicare da questa prima uscita, il reboot qui c’è. E si fa sentire: Ollie (abbreviativo di Oliver?) Queen appare giovane, della sua famiglia e di Black Canary non c’è traccia, ha nuovi comprimari ed è una sorta di “Steve Jobs” della Queen Industries che segretamente fa il vigilante arciere. Se a qualcuno queste novità potrebbero piacere (a me no), vi dico subito che questa serie è seriamente candidata al trono di peggiore numero uno del lotto: i dialoghi vanno dallo scemo al noioso passando per l’estremamente fastidioso, i disegni risultano fin troppo statici anche nelle scene più concitate, e i testi in generale fan acqua da tutte le parti. Una serie davvero soporifera, che ha perso tutto ciò che di interessante Olvier Queen aveva acquisito con gli anni.
Superboy (Lobdell, Silva) – In questa serie il reboot è totale. Veniamo subito calati nelle origini di questo nuovo Superboy, anche questa volta frutto dell’unione in laboratorio di DNA umano e kryptoniano. Un po’ nebulose le premesse narrative di questa serie: probabilmente, l’acquisizione del DNA di Superman verrà meglio spiegata nei successivi numeri di Action Comics, a giudicare dal finale del primo numero di quest’ultima. Superboy appare comunque una serie ben realizzata, non certo imprescindibile, ma le cui novità, tra cui inediti poteri telepatici e telecinetici per il Super-Clone, potrebbero dare momenti interessanti. Sperando che il tutto non si risolva in un adolescente con le pippe mentali da adolescente con l’aggiunta di pippe mentali da clone di laboratorio.
Ed ecco la fine di questa prima parte. Nel prossimo articolo parlerò, tra le altre cose, delle serie dedicate alle Lanterne Verdi e al modo in cui la Wildstorm è stata integrata ormai totalmente nell’universo DC canonico. A presto allora.